Rinuncia ai dividendi da parte di soci: trattamento fiscale e sopravvenienza attiva

È stata pubblicata dall’Agenzia delle entrate una risposta a interpello per offrire chiarimenti sul trattamento fiscale della rinuncia alla distribuzione di utili da parte di soci di società, persone fisiche non in regime d’impresa (Agenzia delle entrate, risposta 8 luglio 2025, n. 182).

Sul trattamento fiscale da applicare alla rinuncia ai crediti da parte dei soci, l’Agenzia delle entrate ha confermato che l’articolo 88, comma 4-bis, del TUIR stabilisce che tale rinuncia si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale. Se il socio non comunica tale valore, esso è assunto pari a zero.

 

La risoluzione n. 124/E/2017 ha chiarito che con l’introduzione del citato comma 4bis viene riformato il regime fiscale IRES delle rinunce a crediti da parte dei soci, riconducendolo a unità, a prescindere dalla modalità con cui l’operazione formalmente svolta, nonché dai principi contabili utilizzati dai soggetti coinvolti. In particolare, tanto per le operazioni di rinuncia diretta a crediti originariamente sorti in capo al socio, quanto per quelle precedute dall’acquisto del credito (o della partecipazione) da parte del socio (o del creditore), il nuovo regime qualifica fiscalmente come ”apporto” la sola parte di rinuncia che corrisponde al valore fiscalmente riconosciuto del credito. L’eccedenza, invece, costituisce per il debitore partecipato una sopravvenienza imponibile, a prescindere dal relativo trattamento contabile, con la conseguenza che si può generare un fenomeno di tassazione da gestire con una variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi”.

 

Nel caso di specie, l’Istante ha affermato che i predetti soci sono persone fisiche non in regime di impresa
La stessa risoluzione n. 124/E ha precisato che quando i crediti sono dovuti a persone fisiche non esercenti un’attività di impresa, e non è ravvisabile alcuna differenza tra il valore fiscale dei crediti rinunciati e il loro valore nominale, la società partecipata non dovrà tassare alcuna sopravvenienza attiva ai sensi del comma 4-bis dell’articolo 88 del TUIR.
In questi casi, non è nemmeno necessaria la comunicazione alla società partecipata del valore fiscale dei crediti, poiché le “distorsioni” che il legislatore intendeva scongiurare (dovute alla mancata coincidenza tra valore nominale e valore fiscale) sono ravvisabili soltanto in presenza di un’attività d’impresa.

 

L’Agenzia ha sottolineato che, nel caso in esame, il valore fiscale del credito dei soci persone fisiche non esercenti attività di impresa corrisponde al rispettivo valore nominale, e non è pari a zero come invece sottoscritto dai soci nell’atto di notorietà.

 

L’Agenzia, infine, ha distinto la fattispecie in esame da quella della sentenza della Corte di Cassazione n. 16595/2023: la sentenza riguardava un credito derivante da un contratto di finanziamento (interessi su mutuo) in cui la rinuncia avveniva successivamente all’acquisto del credito da parte del socio/società rinunciante, una situazione diversa dalla rinuncia a dividendi da parte di persone fisiche non imprenditori.

In relazione al quesito, la rinuncia dei soci ai crediti per dividendi non viene considerata sopravvenienza attiva per l’Istante, ai sensi e per gli effetti del comma 4-bis dell’articolo 88 del TUIR. Dato che i dividendi oggetto di rinuncia sono stati deliberati dall’Assemblea dei soci, creando il diritto di credito dei soci alla distribuzione, l’Agenzia ritiene che detti dividendi siano da considerare giuridicamente incassati.
Pertanto, tali dividendi sono da assoggettare a ritenuta a titolo di imposta del 26% ai sensi dell’articolo 27 del D.P.R. n. 600/1973.

Chiarimenti sul credito d’Imposta ZES Unica: limite del 50% per investimenti immobiliari

L’Agenzia delle entrate risponde a una richiesta di chiarimenti riguardo all’applicazione del credito d’imposta ZES Unica e nello specifico su come calcolare il limite del 50% relativo al valore dei terreni e dei fabbricati ammessi all’agevolazione (Agenzia delle entrate, risposta 8 luglio 2025, n. 183).

L’Istante è una società che svolge la propria attività presso uno stabilimento in virtù di un contratto di locazione commerciale ed intende accedere al Credito di imposta ZES Unica per estendere la capacità dello stabilimento esistente. Tale progetto include:
– l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature;

– l’acquisto dell’immobile strumentale, che comprende sia la parte attualmente locata sia una nuova porzione con immobile e piazzale.
Al riguardo, la società chiede chiarimenti sull’interpretazione dell’articolo 16, comma 2, del D.L. n. 124/2023 e dell’articolo 3, comma 5, del decreto ministeriale del 17 maggio 2024, i quali prevedono che il valore dei terreni e dei fabbricati ammessi all’agevolazione non possa superare il 50% del valore complessivo dell’investimento agevolato.

 

In risposta, l’Agenzia ricorda che l’articolo 16 del D.L. n. 124/2023 ha istituito un contributo sotto forma di credito d’imposta destinato alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali per strutture produttive esistenti o di nuova impiantazione nella ZES unica.

 

La ZES unica ricomprende le zone assistite delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e Abruzzo come individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027.

 

Le modalità di accesso e i criteri di applicazione del credito d’imposta sono stati definiti dal decreto attuativo del 17 maggio 2024.

 

Sono agevolabili gli investimenti che fanno parte di un progetto di investimento iniziale, come definito dal regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione. Questi includono:

  • l’acquisto (anche tramite locazione finanziaria) di nuovi macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive esistenti o di nuova impiantazione;
  • l’acquisto di terreni e l’acquisizione, realizzazione o ampliamento di immobili strumentali agli investimenti.

Gli investimenti sono agevolabili se effettuati tra il 1° gennaio 2024 e il 15 novembre 2024, con una proroga anche per quelli effettuati tra il 1° gennaio 2025 e il 15 novembre 2025.

 

L’articolo 16, comma 2, del decreto-legge n. 124/2023 e l’articolo 3, comma 5, del decreto attuativo stabiliscono che “Il valore dei terreni e dei fabbricati ammessi all’agevolazione non può superare il cinquanta per cento del valore complessivo dell’investimento agevolato”.

La ratio di questa limitazione è di circoscrivere la componente agevolata riferita all’acquisto di beni immobili strumentali (la “componente immobiliare”) rispetto a quella relativa all’acquisizione degli altri asset strumentali agevolati (la “componente non-immobiliare”).

Ciò significa che, per ogni singolo progetto di investimento, il valore della componente immobiliare agevolata non può essere superiore alla metà (50%) del valore complessivo dell’investimento agevolato.
Di conseguenza, il valore agevolato della componente immobiliare non può essere superiore a quello della componente non-immobiliare.

Se l’investimento immobiliare costituisce l’unica spesa del progetto di investimento iniziale, non è agevolabile per l’assenza di altri investimenti in asset strumentali (componente non-immobiliare).

Ai fini del calcolo di questo limite, concorrono al valore della componente immobiliare non solo il costo del mero acquisto di un’unità immobiliare strumentale (terreno o immobile) e i relativi costi accessori (es. costi notarili), ma anche altre spese attinenti all’unità acquistata, come i costi capitalizzati per l’ammodernamento e/o ampliamento del cespite.

 

Nel caso di specie, l’investimento in macchinari e attrezzature (componente non-immobiliare) è di 270.000,00 euro, mentre l’investimento nell’immobile strumentale (componente immobiliare) è di 600.000,00 euro.
Pertanto, l’investimento ammesso al Credito di imposta ZES Unica, nel caso prospettato dalla società istante, avrà un valore complessivo pari a 540.000,00 euro così ripartito:
– 270.000,00 euro corrispondenti al costo di macchinari e attrezzature (componente non-immobiliare);

– 270.000,00 euro rappresentati dalla quota agevolabile dell’investimento nella componente immobiliare, in quanto questa non può superare la metà del valore complessivo dell’investimento agevolato.

Regime forfetario e regime IVA del margine: nuove attività e criteri di incompatibilità

È stata pubblicata una risposta dell’Agenzia delle entrate riguardo al regime forfetario in relazione al regime IVA del margine e l’opzione per il regime IVA ordinario (Agenzia delle entrate, risposta 7 luglio 2025, n. 181).

Un commerciante al dettaglio dichiara di aver intenzione di adottare dal 1° gennaio 2025, ritenendo di averne i requisiti richiesti, il regime forfetario, poiché, dalla data sopraindicata, avendo superato il limite anagrafico di 35 anni, non potrà più applicare il cosiddetto regime fiscale di vantaggio previsto dall’articolo 27 del D.L. n. 98/2011 (seguìto fino al 31 dicembre 2024). Inoltre, l’Istante rappresenta l’intenzione di voler svolgere, a decorrere dal 2025, anche l’attività ulteriore di vendita di piccoli elettrodomestici usati, continuando ad adottare il regime forfetario. In proposito, sottolinea che, ai fini dell’IVA, quest’ultima attività (vendita di piccoli elettrodomestici usati) sarebbe soggetta ex lege al regime del margine e, in considerazione del valore dei beni commerciati inferiore ai 516,00 euro, troverebbe applicazione il metodo globale secondo quanto previsto dall’articolo 36, comma 6, del D.L. n. 41/1995.

 

L’Agenzia delle entrate ricorda che il “regime fiscale di vantaggio” (ex articolo 27 del D.L. n. 98/2011) è stato progressivamente abrogato, permettendo ai contribuenti che già lo applicavano di continuare ad avvalersene fino alla naturale scadenza (quinquennio o 35 anni di età) o di passare al regime forfetario.

Una delle cause ostative all’applicazione del regime forfetario è prevista dall’articolo 1, comma 57, lettera a), della Legge n. 190/2014, che esclude le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini IVA o di regimi forfetari di determinazione del reddito.

La circolare n. 9/E/2019 chiarisce che l’incompatibilità con il regime forfetario è “in re ipsa” ogni qualvolta il regime speciale IVA o di determinazione dei redditi è obbligatorio ex lege. Tuttavia, la stessa circolare specifica che se il contribuente, avendo la facoltà, opti per applicare l’IVA nei modi ordinari, è ammessa l’applicazione del regime forfetario, a condizione che l’opzione sia stata esercitata nell’anno d’imposta precedente a quello di applicazione del regime forfetario.

Con riferimento al caso di specie, poiché non sussistono precedenti periodi d’imposta rispetto al 2025 in cui l’Istante abbia applicato il regime IVA del margine, l’Agenzia ritiene che l’Istante possa adottare direttamente il regime forfetario in relazione alla nuova attività di vendita di piccoli elettrodomestici usati (di valore inferiore a 516,46 euro), anche se questa attività rientrerebbe teoricamente nel regime IVA del margine.

 

L’adesione al regime forfetario dovrà essere comunicata nella dichiarazione di inizio attività (modello AA9/12), barrando la casella 2 “Variazione dati” del quadro A e indicando il valore “2” nella casella “regimi fiscali agevolati” del quadro B.
Successivamente, l’adesione dovrà essere confermata nella dichiarazione dei redditi, attestando la presenza di tutti i requisiti e l’assenza di cause ostative.